Se si cercano su Internet informazioni su Piergiorgio Odifreddi si finisce sulla sua pagina ufficiale. E alla voce biografia compare quanto segue. Anagrammi di Piergiorgio Odifreddi: 1) rigido, rigido e perfido (Stefano Bartezzaghi); 2) oggidì preferirò Iddio (Giorgio Dendi) e 3) giro prodigi, fior d’idee (Ennio Peres). Aggiungiamo, dopo la nostra chiacchierata surreale e continuamente inframmezzata di risate, perché è un uomo che si racconta con grande ironia, che il professor Odifreddi si prende molto sul serio, invece, quando confessa che da piccolo voleva diventare Papa e non per vocazione, ma solo per amor di potere.
Io ingegnere? Avrei dovuto lavorare, e invece rilascio interviste (Repubblica, 11/12/22)
Si possono pensare molte cose a proposito delle elezioni: non soltanto di quelle che ci saranno tra due giorni in Italia, in particolare, ma del processo democratico occidentale, in generale. Nessuna mi sembra però tanto interessante e adeguata quanto quella espressa con forza e convinzione dal premio Nobel per la medicina Konrad Lorenz in un suo appassionante libro di cinquant’anni fa intitolato Il cosiddetto male. A scanso di equivoci, il male di cui parla il famoso etologo non è affatto la politica, e nemmeno la democrazia. Al contrario, per Lorenz l’una e l’altra costituiscono due valvole di sfogo di quello che le società moderne considerano appunto “il male”, e cioè l’aggressività degli uomini nei confronti dei propri simili”. […]
Votazioni per i nostri bollenti spiriti (La Stampa, 23/09/22)
Di tutte le riforme proposte dai partiti in campagna elettorale, quella più delicata, importante e strutturale riguarda la Costituzione, che stabilisce le regole del gioco della politica. In fondo, quella attuale è in vigore dal 1 gennaio del 1948, e benché qualcuno la definisca “la più bella del mondo”, in realtà fa ormai acqua da tutte le parti. D’altronde, basta ricordare che la Carta è stata redatta in un periodo storico in cui il più avanzato mezzo di comunicazione di massa era la radio, i partiti rappresentavano ideologie definite e contrapposte, la stragrande maggioranza degli elettori andava a votare (sempre sopra il 90%), e ciascuno votava quasi sempre per lo stesso partito. […]
Ecco perché oggi è necessaria una nuova Costituente (La Stampa, 2/09/22)
Le cariche istituzionali, in primis quelle di parlamentare, sono in genere molto impegnative e poco remunerative, anche se i populisti tendono a far credere il contrario. Ma se così è, diventano allora molto sospetti l’ardente desiderio manifestato da coloro che brigano per entrare nelle liste elettorali dei partiti, e la stizza mal celata di coloro che ne sono esclusi, o vengono presentati in collegi in cui l’elezione non è sicura. Vien da pensare che i casi siano tre. O i candidati sono ingenui, e non sanno cosa li aspetta, immaginando che avranno soltanto tappeti rossi e macchine blu. O non hanno molto da fare, e persino il Parlamento può fornire loro una distrazione. O sono dei farabutti, e sperano di ricavare benefici illeciti dalle loro cariche. […]
Il paradosso di Cincinnato sul voto (La Stampa, 20/08/22)
La “vocazione maggioritaria” del Pd di Veltroni e Bersani è diventata la “vocazione governativa” del PD di Renzi, Zingaretti e Letta, che aggira brillantemente sia il fastidio di dover ottenere i voti per governare, sia la necessità di dover “fare qualcosa di sinistra” una volta ottenuto il governo, con colpi di mano più o meno eleganti e democratici. Il maggior tradimento degli ideali di sinistra perpetrato dal Pd sta ovviamente nelle politiche economiche dei governi da esso appoggiati: in particolare, nelle agende degli anomali “governi bancari” di Monti e Draghi, imposti dai presidenti della Repubblica. Agende che comunque non differivano sostanzialmente da quelle dei governi centristi di Letta, Renzi e Gentiloni, e ricalcavano acriticamente le politiche monetarie e mercantili dell’Unione europea. […]
Ma il PD non ricorda che cos’è la sinistra (La Stampa, 13/08/22)
Le beghe estive dei partiti italiani per le elezioni autunnali hanno ormai relegato le notizie sugli squilibri mondiali in secondo piano, e la crisi di Taiwan ha comunque distolto l’attenzione dalla guerra in Ucraina, che aveva tenuto banco nelle settimane primaverili. I venti di guerra in Oriente non hanno però provocato una levata di scudi mediatica e popolare analoga a quella sollevata dai venti che hanno soffiato in Occidente. Le motivazioni sono ovvie, ma vale la pena di esplicitarle. La prima l’aveva già espressa Adam Smith nel 1759, nella sua Teoria dei sentimenti morali: il libro, per inciso, nel quale egli introdusse per la prima volta l’erronea ma fortunata metafora della “mano invisibile”, che guiderebbe automaticamente i mercati verso l’equilibrio. […]
Se l’Occidente usa due pesi e due misure (La Stampa, 6/08/22)
Il Congresso Internazionale dei Matematici ha assegnato ieri gli otto premi quadriennali che laureano i migliori matematici in circolazione, in vari campi: la ricerca pura le quattro medaglie Fields, la ricerca informatica il premio Abacus, la ricerca applicata il premio Gauss, la divulgazione il premio Leelavati e la carriera la medaglia Chern. Ci sarà tempo per conoscere meglio i premiati e parlare dei loro risultati, ma fin da subito si può gioire del fatto che, almeno nella matematica, la guerra tra l’Ucraina e la Russia sembra essere stata messa per un momento da parte. L’ucraina Maryna Viazovska ha infatti vinto una delle medaglie Fields, e il russo Nikolai Andreev il premio per la divulgazione: parità matematica per i due paesi belligeranti, dunque, sicuramente di buon auspicio per una pace futura. […]
Russia-Ucraina, uno pari in matematica (La Stampa, 6/07/22)
L’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite dichiara che lo scopo dell’organizzazione è «sviluppare relazioni amichevoli tra nazioni, basate sul rispetto del principio degli uguali diritti e dell’autodeterminazione dei popoli». Chi l’ha scritto probabilmente non era molto ferrato in logica, o anche solo in buon senso, perché le parole «nazioni» e «popoli» non sono affatto sinonime. Al contrario, com’è ovvio, spesso in una stessa nazione vivono popoli diversi, e altrettanto spesso uno stesso popolo vive in nazioni diverse. I curdi, ad esempio, sono e si sentono un popolo, ma per loro sfortuna vivono in massima parte in Turchia, Iran, Iraq e Siria. […]
I curdi, popolo senza diritti (La Stampa, 2/07/22)
Papa Francesco è tornato a parlare della guerra, con toni che stupiscono gli occidentali. Ha usato, ad esempio, un’espressione come «l’abbaiare della Nato alle porte della Russia», che non sarebbe mai uscita dalla bocca di un papa polacco antirusso come Giovanni Paolo II, ma che è invece naturale su quella di un papa argentino antiamericano come Francesco. Noi europei non riusciamo a capire come qualcuno possa odiare i nordamericani, ma i sudamericani non riescono invece a capire come li si possa amare. […]
La guerra finisce solo col disarmo, e il Papa ha il coraggio di dirlo (La Stampa, 17/06/22)
Al meeting di Davos l’ormai novantanovenne Henry Kissinger ha sorpreso la platea parlando di un possibile piano di pace per la guerra in Ucraina, che consiste in realtà di osservazioni ovvie per i pochi che affrontano i problemi politici in maniera logica e razionale, ma sorprendenti per i molti che invece li affrontano in maniera morale e viscerale. Sostanzialmente, Kissinger ha detto che l’Ucraina non è uno stato unitario, e consiste invece di una parte filo-occidentale e una filo-russa: dunque, avrebbe senso dividerla ufficialmente in due stati separati, ma in mancanza di meglio ci si può accontentare di accettare informalmente lo status quo dell’invasione russa. […]
La lezione di Kissinger: evitare il peggio (La Stampa, 5/05/22). Per un commento vedi qui.
Comprendere l’empatia in questi tempi di conflitto sarà il compito del Festival Filosofico organizzato dall’editore Guida, con la supervisione scientifica di Anna Donise, e che si inaugura oggi al teatro Sannazzaro di Napoli con un dialogo tra Maurizio Ferraris e Piergiorgio Odifreddi, di cui anticipiamo una parte per gentile concessione dei relatori e degli organizzatori della kermesse. […]
L’inganno dell’empatia, con Maurizio Ferraris (La Stampa, 24/05/22)
In cammino alla ricerca della verità raccoglie i resoconti degli incontri che, a partire dal 2013, ho avuto con il papa emerito Benedetto XVI, e le molte lettere che ci siamo scambiati da allora a oggi. Abbiamo parlato degli argomenti più svariati, a seconda di come lo Spirito dettava: alcuni libri da noi letti o scritti, il suo rapporto con il teologo dissidente Hans Kūng, i suoi incontri con Fidel Castro e Francesco Cossiga, i problemi della Chiesa e le soluzioni di Bergoglio. Nelle lettere abbiamo invece dialogato sui massimi sistemi: i problemi della fede e della ragione, della vita e della morte, del monoteismo e dell’inferno. […]
Dialogo sulla verità tra un laico impenitente e il papa emerito (La Stampa, 15/03/22)
Mala tempora currunt. Oggi sembra che si corra a emulare l’ostracismo dei “nemici”, più che la collaborazione con i “diversi”. L’esempio più ridicolo è stata la cancellazione da parte dell’Università di Milano Bicocca di una conferenza su Dostoevskij, la cui “colpa” era di essere nato in Russia: addirittura, ci sono state discussioni sugli ambigui casi di Gogol e Bulgakov, nati entrambi in Ucraina, che però scrivevano in russo, come Dostoevskij. Quando si arriva a queste assurdità, forse è il caso di fermarsi a pensare un momento. […]
Nessuno ha ragione in guerra, tutti pensano di essere buoni (La Stampa, 25/03/22)
La contrapposizione fra i promotori del referendum sul fine vita e la Corte Costituzionale deriva da visioni antitetiche della partecipazione dei cittadini alla politica, una formale e l’altra sostanziale. Dal punto di vista formale si scontrano, da un lato, l’idea democratica e popolare che a decidere delle regole del vivere comune, e soprattutto di quelle che ne costituiscono il fondamento e l’essenza, debbano essere i cittadini stessi, senza mediazioni di alcun tipo. E, dall’altro lato, l’idea paternalistica ed elitaria che a decidere debbano essere invece organismi e strutture via via più lontane dal sentire della gente comune, che vanno dal Parlamento al governo e agli organi di controllo. […]
Perché i palazzi temono la democrazia diretta (La Stampa, 17/02/22)
Ho conosciuto Luc Montagnier nel 2015, a un meeting quinquennale che si tiene a Lindau, sul lago di Costanza. Vi sono invitati tutti i premi Nobel scientifici, e quella volta ce n’erano sessanta: una compagnia in cui una persona normale si trova ovviamente a disagio e in imbarazzo, anche se in realtà fa più impressione un premio Nobel isolato, che tanti messi assieme. Infatti Jim Watson, che è il più famoso scienziato vivente, non c’era: lui evita ogni meeting con più di due o tre premiati, perché sa che la sua luce brillante ne risulterebbe un po’ offuscata. […]
Montagnier no-vax e le bugie da Nobel (La Stampa, 11/02/22). Per un commento vedi qui e qui.
In Assassinio nella cattedrale il poeta Thomas Eliot ha coniato il motto che meglio descrive il comportamento del Parlamento nell’elezione presidenziale che si è appena consumata: “Quest’ultimo atto è la peggior bravata, fare la cosa giusta per la ragione sbagliata”. La cosa giusta è stata rieleggere un ottimo presidente, e la ragione sbagliata è stata farlo soltanto per permettere la sopravvivenza di un pessimo Parlamento: forse il peggiore che abbiamo avuto, dai tempi del “Parlamento degli inquisiti” del 1992. Si tratta infatti del “Parlamento dei voltagabbana”, un terzo dei cui membri ha cambiato casacca, e i cui maggiori partiti hanno tradito le proprie promesse elettorali. […]
Mattarella, il Parlamento e la lezione del generale Sherman (La Stampa, 31/01/22)
Oggi va di moda proclamare e invocare il principio della “priorità della politica”, che in realtà non è altro che un’assicurazione sulla vita e sulla sopravvivenza dei politici di mestiere, o dei mestieranti della politica: quelli, cioè, che nel momento in cui si invocasse e si applicasse invece il principio della “priorità della competenza”, dovrebbero tornare a fare ciò che facevano prima, dal gelataio all’avvocato. Nel 1979, quando Margaret Thatcher conquistò Downing Street, qualche giornalista le chiese se era orgogliosa di essere la prima donna a diventare primo ministro inglese. Ma lei rispose che era orgogliosa di essere la prima scienziata, per sottolineare il fatto che il genere è irrilevante in politica, ma la competenza scientifica non dovrebbe esserlo. […]
Al Quirinale il primato della competenza (La Stampa, 17 /01/22). Per un commento vedi qui.