Quest’anno ho già peccato di editoria due volte, con il pamphlet sul teopiteco e il testo sul diavolo. Devo dunque qualche spiegazione, e molte scuse, se mi ripresento in libreria con un altro libro, questa volta addirittura di Geometria! Non sarà che mi sono lasciato prendere la mano, diventando un grafomane che scrive troppo e/o un megalomane che scrive di troppo?
Mi piace pensare che non sia così, perché in fondo questo nuovo testo non esula dalle mie competenze: si tratta, infatti, di un viaggio alla ricerca delle radici geometriche della Logica. Radici che non mi sono inventato io, naturalmente, e che costituiscono invece un filo oggettivo che collega fra loro due grandi testi della Matematica, distanti due millenni: gli Elementi di Euclide e i Fondamenti della geometria di Hilbert.
Come sappiamo tutti, gli Elementi sono stati (fino alla fine dell’Ottocento) il testo di riferimento per lo studio della Matematica, adottato dalle scuole di ogni ordine e grado, oltre che una fonte di ispirazione intellettuale: fino, appunto, a Hilbert, i cui Fondamenti ne costituiscono una versione riveduta e corretta. Nel Novecento, invece, Bourbaki e i suoi seguaci hanno lanciato il grido di Abbasso Euclide, e per decenni la nuova Matematica ha sostituito il piano e le sue belle figure geometriche con gli spazi vettoriali, o affini, o topologici e le loro trasformazioni.
La cosa, naturalmente, andava benissimo per André Weil e quelli come lui, che conoscevano i testi e i risultati della Matematica del passato a menadito e sapevano ritrovarli in quella del presente: così come la dodecafonia o il cubismo andavano benissimo per Schoenberg o Picasso, che conoscevano altrettanto bene le composizioni e le opere della musica e della pittura classica. Molto meno bene vanno le cose per noi, che siamo nati e vissuti in un secolo che della Matematica e dell’arte ha ormai visto anche, se non soltanto, gli eccessi dell’astrazione.
Dovendo dunque insegnare, qualche anno fa, un corso di Fondamenti della Matematica, ho deciso di rileggere con gli studenti quei due grandi classici della Geometria, per riappropriarmi con loro del nostro rimosso passato. E ho scoperto, con una certa sorpresa, che in quei libri c’erano i germi di ciò che la Logica matematica ha poi sviluppato appieno nel Novecento: e cioè, i problemi metamatematici relativi ai sistemi assiomatici, dall’indipendenza alla consistenza, dalla completezza alla categoricità.
Questo libro è il risultato di quel corso e intende offrire agli studenti e ai colleghi un viaggio nel passato della Geometria, e una riscoperta di un modo di fare Matematica intuitivo e visivo: non a caso, ci sono piu’ di 300 figure nel testo! Naturalmente, e come non potrebbe essere altrimenti, la mia è una rilettura da logico: le mie preoccupazioni sono gli assiomi, le definizioni, le costruzioni, le equivalenze, le interpretazioni, i modelli, le dimostrazioni di impossibilità, e compagnia bella.
D.Hilbert E l’ultima espressione non è soltanto un modo di dire: perché la compagnia di Euclide e Hilbert, così come dei geometri che li collegano in un’ideale catena umana, è veramente bella e stimolante. Oltre che, naturalmente, impegnativa e intimidente: per una volta, dunque, non mi sono lasciato andare a frizzi e lazzi, e ho scritto un libro di Matematica e basta: anche per dimostrare, a me e agli altri, che ne sono ancora capace. Ma di questo, non credo di dovermi scusare. O forse sì?